La Lingua Madre

 

L’elemento che unifica la comunità dei parlanti, l’unico, vero documento che ci accompagna ovunque.

Il solo sistema organico e dinamico che ci contiene per intero: un tacito contratto che vale per tutti ma dove ognuno ha una clausola sua. Un codice unico, pienamente identificativo che nessuno ci può togliere. Lo è per chi è costretto o sceglie di emigrare, per l’accademico o il ricercatore che si trapianta seguendo migliori opportunità di carriera, per chi ha studiato all’estero, per i molti che lo faranno. La lingua è un bagaglio che non si riesce a lasciare incustodito.

L’uso vitale della lingua, al di là del dato culturale, è un vettore di democrazia e di inclusione sociale.

È uno strumento imprescindibile di comunicazione pubblica onesta e trasparente che merita di essere oggetto di una politica dedicata e ragionata.

La lingua italiana, come ogni lingua madre, è una risorsa di pari dignità rispetto al patrimonio artistico, paesaggistico, culturale e gastronomico. Per questo ritrovare un amore moderno e spigliato per la nostra lingua, valorizzandola come bene comune a tutto tondo, è tanto un’esigenza culturale quanto un interesse economico nazionale.

La lingua italiana di per sé sta benissimo, ma l’uso che se ne fa è limitato e limitante. Abbiamo una Ferrari ma la lasciamo in garage, e il rischio è che prima o poi non si metta in moto.

Se è vero che le parole sono lo specchio dell’evoluzione del pensiero, allora l’uso di un italiano intossicato in tutti i settori e registri espressivi è sintomatico dell’inerzia e della sfiducia nei mezzi propri della lingua italiana di stare al passo col mondo che cambia.

Specchio dell’inerzia e della sfiducia che impediscono al paese di esprimere il suo incredibile potenziale.

Non esistono concetti intraducibili in italiano.

Le lingue si evolvono anche grazie ai prestiti e ai travasi delle altre lingue, ma la capacità di appropriarsi dei concetti è un esercizio creativo che garantisce ad una lingua di mantenere il proprio statuto di mezzo di comunicazione e strumento di conoscenza. Rinunciare ad alimentare la lingua madre equivale a rinunciare ad aver cura dei propri monumenti, asfaltare le strade, non inquinare il mare, far sì che i ponti stiano su. Rinunciare ad usarla è un danno economico e un deficit democratico.

La gestione della lingua madre in una società che ha l’ambizione di ripartire passa per l’impegno di tutto lo spettro della comunità di coloro che la condividono, perché la lingua è l’inarrestabile risultante dello sviluppo del lessico familiare, personale, generazionale, mediatico, politico, istituzionale, economico, accademico, popolare, collettivo.

La nostra chiamata è per uno sforzo collegiale di riappropriazione moderna, creativa e spigliata della lingua italiana. Non un esercizio accademico, non di conservazione, non di restauro, ma un’operazione etica, estetica, democratica ed economica.